Le profonde radici della danza del ventre in Antico Oriente
Pensare alla danza del ventre in automatico crea una proiezione immaginaria di paesaggi aridi, di deserti, delle piramidi, degli antichi Dèi d’Egitto, immaginiamo repentinamente le Odalische con i loro vestiti femminili e colorati, i loro veli leggeri che svolazzano nel vento cangiando, le gonne a monetine che tintinnano ad ogni piccolo e percettibile movimento, i ventri candidi e scolpiti di bellissime ragazze che sinuosamente si muovono componendo coreografie mai viste prima; immaginiamo la musica araba, in particolare le sue bellissime percussioni, ed i suoi strumenti come la darbuka, che aiutano le danzatrici del ventre a mettersi in contatto con i ritmi della melodia, appaiono come per incanto, i colori caldi del clima e degli arredamenti orientali: mosaici, tende, candelabri, spade e tutto quello che ricorda lo sfarzo e l’eleganza dei palazzi ove risiedono i Sultani.
Quello che anche per un osservatore attento rimane misterioso, sono tutti i significati reconditi e le profonde radici che una danza come quella del ventre dell’Antico Oriente è in grado di trasmettere a noi tutt’oggi.
L’assenza pressoché totale della conoscenza dei vari contenuti (movenze incluse), fa si che la danza del ventre resti una corrente artistica abbastanza povera dal punto di vista del significato e che risulti per un pubblico poco esperto, esclusivamente visiva e parecchio superficiale.
Un tipo di danza di folklore e di cultura popolare dei Paesi del Medio Oriente, esternata da danzatrici dalle movenze esotiche, uniche, difficili, ammalianti e tecnicamente accattivanti, ma dal significato totalmente assente, il quale cerca nonostante tutto di affiorare nascendo dal concetto specifico che sta alla base della creazione della stessa bellydance (nome proprio col quale è conosciuta la danza del ventre nel resto del Mondo).
Ossia, un ballo privo di risposte a specifiche ed esigenti domande del tipo: perché questa danza esiste? Ma soprattutto, quali significati cela la danza del ventre?
Partiamo constatando anzitutto che il genere Orientale, è un tipo di danza che punta ad avere una “personalità” davvero molto vasta, la quale include elementi sia di spazio che di tempo; questi elementi fondamentali non possono essere completamente espressi per mezzo di una singola coreografia di uno o due minuti, composta da pochi e semplici passi.
Da tenere ben presente che oggi invece lo show business, richiede in maggiore quantità prodotti coreografici di questa natura, stacchi brevi e concisi, che focalizzano l’attenzione su un movimento preciso che viene ripetuto per quasi tutto il tempo del pezzo (parliamo naturalmente di rappresentazioni commerciali e non di pezzi teatrali); l’estremizzazione della femminilità, della sensualità e del corpo della donna, in alcuni casi sfiorano persino la volgarità, offrendo un prodotto prettamente targettizzato ad un pubblico ipotetico che attrae soli uomini.
Ad ogni modo la rappresentazione di un intero ballo popolare come la danza del ventre e dei suoi significati, non potranno mai essere racchiuse in coreografie composte da pochi passi commerciali, da vestiti succinti per amplificare le vertiginose curve femminili dei corpi delle danzatrici.
Anche se belli dal punto di vista estetico e funzionali dal punto di vista pratico, queste esternazioni artistiche muoiono dove nascono e sono l’emblema del decorso artistico basato esclusivamente sul puro consumismo.
Nonostante le varie ed eventuali difficoltà che la danza del ventre ha incontrato nel suo infinito percorso artistico attraverso i secoli (e tutt’oggi ancora molto attivo), resta vivida la speranza riposta in molti artisti della bellydance, che essa possa essere in qualche modo rivitalizzata direttamente dalle sua fondamenta che si ergono al di sopra di un’idea primordiale di sacralità, legata alle origini della vita ed alla rinascita della donna come madre di tutto e di tutta l’umanità.
Il ventre femminile viene inteso, attraverso la sacralità originale della danza del ventre antica, come il generatore di vita per antonomasia, il luogo dove tutto ha un inizio e dove tutto prende forma, dall’arte, all’essere umano.
Se perciò cerchiamo con qualche piccolo sforzo, di concepire l’idea di danza del ventre attraverso le sue stesse origini e attraverso i suoi significati, tutto ci appare più rispettabile, più artistico ed ovviamente, anche più interessante.
Differenti stili di danza del ventre per differenti radici di appartenenza
I differenti stili di interpretazioni, formano i generi della danza del ventre, la quale ne possiede di vari, tutti provenienti chiaramente dal medesimo ceppo artistico.
Le diverse interpretazioni che la bellydance oggi offre, possiedono radici differenti per ognuna di esse.
E’ immaginabile come un grande albero genealogico che si snoda tra radici diverse, generi e sottogeneri di nicchia.
Tenendo inoltre presente che questa spettacolare danza, possiede una storicità millenaria, è altrettanto intuibile come possa essere infine difficile, risalire a tutti gli stili tramandati nel corso dei secoli, delle loro fusioni, contaminazioni o nascite precise a livello storico e temporale.
Esiste tra tutte una radice che è considerata forse la più profonda ed antica, una radice che, come dapprima accennato, riesce ad unire e a tradurre il linguaggio di quest’arte come unico insieme; naturalmente stiamo indicando la radice Neolitica, quella inerente alle vere e proprie origini della danza Orientale, la radice che vive ancora nel presente attraverso le danzatrici con i suoi simboli che trattano di celebrazione, rigenerazione, vita, rinascita e fertilità…
La medesima linea d’origine dei culti religiosi delle antiche Dee Europee e Mediorientali, culti dai quali la danza ebbe profonda ispirazione.
L’obiettivo di una discreta danzatrice dovrebbe essere infatti quello, attraverso l’ispirazione e la conoscenza simbolica dei movimenti originali, di trasmetterne i significati tramite le gestualità corporee dei movimenti di danza del ventre.
Il linguaggio è di fatto uno degli elementi più significativi ed importanti di una qualsiasi arte, naturalmente nelle danze, il linguaggio del corpo assume un’importanza di primo piano e deve assolutamente vivere attraverso chi rappresenta, in questo caso, i ballerini.
Per la maggior parte delle danzatrici di quest’arte, essa rappresenta una parte di loro stesse, che loro possono utilizzare come strumento di interpretazione sia interno che esterno, una parte che ha origine dove tutto ha origine, dal ventre, per poi propagarsi come un flusso energetico in tutto il resto del corpo, coinvolgendo muscoli, ossa, organi, ma anche lo spirito.
Una danzatrice conosce bene il proprio fisico e sa perfettamente che la danza, attraverso il corpo, è in grado di riconnetterla alla propria sacralità e sensualità naturale, mantenendo attiva quell’antica fiamma divina che per riuscire a trasmettere qualcosa ad un pubblico, deve restare viva.
Lo specchio estetico ed interiore nella danza del ventre
E’ oltremodo risaputo quanto l’aspetto estetico o per lo meno, come ci senta esteticamente, è fattore anch’esso di importanza strategica per una danzatrice.
Quando un danzatore (in particolar modo se donna), si sente a proprio agio con il proprio aspetto estetico, anche il prodotto che andrà a confezionare come performance otterrà un grado di qualità superiore; sia per il fatto che visivamente il pubblico apprezzerà di buon grado, ma specialmente perché la danzatrice sarà completamente a suo agio nel proprio corpo, evitandole di fissare il pensiero o possibili distrazioni dovute ad ostacoli come appunto quello estetico.
Una danzatrice è per questo motivo aiutata dal suo aspetto sia dal punto di vista emotivo che dal punto di vista tecnico: saper di suscitare nel pubblico reazioni visive positive è senz’altro un’arma in più.
Moltissime donne frenano la loro “voglia di ballare”, evitando persino di partecipare a corsi di danza del ventre o a lezioni di qualsiasi altra disciplina legata alla danza o all’arte visiva (recitazione inclusa), proprio per il fatto che il loro aspetto secondo il loro parere, non le aiuterà nel percorso.
E’ opportuno perciò sapere che durante tutte le lezioni di danza esistenti, anche durante quelle di danza accademica, è normale discutere ed affrontare persino discorsi legati proprio a questo aspetto dell’estetica.
Al giorno d’oggi si viene perennemente bombardati da messaggi diretti o subliminali, dettati dall’advertising proveniente del mainstream, tramite i quali la maggior parte delle persone percepiscono di sentirsi completamente inadatte al Mondo che le circonda e che per esserlo, devono assolutamente comprare determinati prodotti, vestirsi in un determinato modo, seguire una precisa corrente, ottenere un particolare status sociale, essere dipendenti almeno da un tipo di sostanza (es: le sigarette o l’alcool), ed altrettante baggianate varie.
Tutto questo per la nostra spiritualità e per il fine del benessere è completamente errato, tossico e dannoso, molto nocivo, talmente dannoso che può arrivare a farci dubitare di noi stessi, generando scompensi emotivi e/o psicologici, mettendoci come pedine telecomandate sull’infinito percorso della paura e dell’incertezza.
Spesso e volentieri è proprio questa “paura” a bloccare il desiderio di molte ragazze o donne che vorrebbero invece provare a cimentarsi in qualche tipologia di danza.
Pensieri estetici come “Sono bassa”, “Sono troppo alta”, “Sono troppo grassa o troppo magra”, “Sono troppo anziana”, “ecc…” sono tutti pensieri da superare tranquillamente senza alcun tipo di problema.
L’arte va vissuta al cento per cento perché è la sola ed unica cosa che ci differenzia dal resto delle specie animali che popolano questo Pianeta, ed è inoltre la sola ed unica cosa che è in grado di avvicinarci sia tra esseri umani, sia a noi stessi, nel nostro io più profondo.
Per questo bisogna sempre e comunque mettersi in gioco, senza remore o discorsi infondati che albergano esclusivamente nella nostra mente, sino a trasformarsi in vere e proprie convinzioni e condizioni umane.
Quando si partecipa a lezioni all’interno di una scuola di danza, quasi sempre sono presenti grandi specchi come strumenti didattici (lo specchio è lo strumento più utilizzato dai danzatori per vari motivi): il riflesso della nostra figura occorre a perfezionare il movimento, le linee, la geometria, la postura e la gestualità degli arti e del nostro corpo mentre si danza, per poi fissare il tutto nella memoria muscolare e renderle parte di noi stessi, automatizzando ciò che abbiamo conosciuto sul piano naturale.
Diciamo quindi che una sala da danza senza specchi è l’equivalente di un’automobile senza sedili (risulta abbastanza scomoda al suo fine).
Resta il fatto che lo strumento specchio per alcune persone, potrebbe risultare come un’arma a doppio taglio, se da una parte può aiutare lo studio del nostro corpo all’interno del ballo, dall’altra parte potrebbe risultare controproducente se utilizzato in maniera eccessiva; durante le lezioni è per questo opportuno utilizzarlo con parsimonia, distogliendo lo sguardo di tanto in tanto e provando i movimenti e le coreografie anche senza di esso, correggerci visivamente è tanto importante quanto apprendere il movimento senza un ancoraggio visivo permanente.
Da questo concetto di utilizzo dello specchio esclusivamente come strumento di lavoro, nasce inoltre l’idea dei danzatori, basata sulla creazione e studio di uno specchio introspettivo, che aiuti lo studio a canalizzarsi su due linee parallele: quella esterna e quella interna, in maniera che nessuna delle due possa prendere il sopravvento sull’altra, poiché anche la danza del ventre, come tutte, si basa su una questione di totale equilibrio.
Imparare a sentire il nostro specchio introspettivo nel ballo della bellydance
Come sappiamo la bellydance proviene da una cultura antica, che a sua volta ha assorbito nei secoli, ulteriori influenze culturali delle popolazioni dell’Antico Oriente.
Vi è per questa ragione qualcosa di magico ed esoterico racchiuso nei movimenti codificati della danza del ventre e nelle sue usanze.
Pertanto in svariati corsi e seminari extrascolastici è possibile trovare docenti che facciano ballare anche ad occhi chiusi, in modo da stabilire una connessione profonda coi sensi a disposizione del corpo umano, ed in modo da riuscire a conoscerlo totalmente.
E’ un discorso intimo tra noi ed il nostro corpo che ci indica a sensazione, il percorso migliore da eseguire nello spazio e nel tempo attraverso i movimenti tecnici della nostra stessa danza.
Giunti a questa consapevolezza il riflesso nello specchio diviene esclusivamente uno strumento aggiuntivo, accessorio di implementazione ma non più di fondamento, come lo sguardo artistico introspettivo.
Arrivati fin qui, ora, è perciò possibile giungere (dopo i sacrifici) ad una sorta di stato di autodefinizione: comprendiamo maggiormente noi stessi attraverso la danza e grazie allo studio costante, costruito su l’esame di elementi non solo esterni, ma anche interni.
Arriviamo a percepire la nostra anima artistica fino a poco prima tenuta nascosta dalle nostre stesse convinzioni, basate per la maggior parte su domande poste in relazione esclusivamente ad argomenti esterni e superficiali.
Sappiate che un ballerino o una ballerina di bellydance sono molto più di questo, poiché essi non dipendono solo da fattori esterni, ma divengono tutt’uno con la loro danza, solamente dal momento in cui il loro specchio interno si sviluppa e viene utilizzato, indipendentemente dal potere dell’aspetto fisico.
Naturalmente per le danzatrici donne, questo aspetto è ancor più importante, lo specchio introspettivo dell’artista femmina, deve essere ancor più potente ed attento di quello maschile.
Questo perché nella vita di una danzatrice potrebbe capitare molto spesso di incappare in pregiudizi, imposizioni, regole ed altro, che si basino sulla concezione del corpo femminile nell’industria dello spettacolo; di certo è infine la ballerina a decidere se accettare o meno tali compromessi pur di poter partecipare ad un lavoro.
Ma se la suddetta danzatrice, possiede a sua volta un punto di vista interno caratteriale molto forte (tornando al discorso dello specchio introspettivo che tempra anche la personalità), allora anche le risposte giungeranno con minore sforzo e molto più chiare.
Le imposizioni dello show business, provenienti particolarmente dal mondo Occidentale, delineano insidiosamente il fatto che una danzatrice, oltre ad essere bella, debba inoltre essere munita di un fisico da cliché prestabilito: alta, con un bel seno possibilmente prosperoso, dei bei fianchi, gambe slanciate e tornite, una bocca e occhi sensuali e così via…
E’ senza ombra di dubbio ovvio che riuscire a soddisfare ogni tipo di richiesta estetica appare umanamente impossibile, per questo molte ballerine di danza del ventre, soprattutto dagli inizi del XXI secolo, ricorrono alla chirurgia plastica per risultare pressoché perfette alle aspettative dei managers e del pubblico.
uno degli esempi lampanti è rappresentato dalle danzatrici di bellydance provenienti dai Paesi dell’Est Europa.
Ma c’è un fattore che molte di queste persone dimenticano, danzatrici professioniste incluse, vale a dire, che se un danzatore è realmente superiore alla massa ed è preparato a svolgere il proprio lavoro artistico, non occorreranno mai e poi mai escamotages o trucchetti estetici per arrivare dove si è destinati a giungere con la propria bravura.
Il pubblico (anche quello più ottuso e ignorante) è in grado di captare se in fondo una danzatrice di bellydance è tecnicamente superiore ad un’altra, certamente l’aspetto estetico aiuta, ma l’energia che il performer è in grado di far trasparire assieme al conseguente coinvolgimento emotivo del pubblico, paga ed è l’essenza della rappresentazione.
Essere preoccupate dalla propria apparenza deve assolutamente essere un fattore di secondo livello, ed anche in quel caso, va bene esserlo ma senza mai eccedere nella preoccupazione emotiva, onde evitare in particolar modo di influire sulla qualità della prestazione finale sul palco.
Esistono danzatrici professioniste della danza del ventre che sono in grado, pur non essendo delle esotiche bellezze da ammirare in tutto il loro splendore, di essere altamente sensuali e coinvolgenti, risultando spesso anche più intriganti di donne oggettivamente più belle.
Il fascino, la forza, l’eleganza e la bellezza dei movimenti che la danza del ventre è in grado di regalare ad una ballerina può abbattere ogni tipo di canone di bellezza estetica, facendo apparire e trasformando donne dalla semplice presenza, in stupende odalische dell’Oriente dal sex appeal sterminato.
Per danzare realmente non occorrono interventi estetici, sacrifici estremi per apparire carine secondo i canoni del mainstream, del pubblico o di ciò che la gente si aspetta; la bellydance aiuterà ogni donna che proverà ad avvicinarla, semplicemente per il fatto che i movimenti in essa racchiusi, sono stati creati nei secoli proprio con l’obiettivo principale di esaltare la sensualità e la femminilità nascoste nel corpo e nella mente di una donna.
Non impone per essere vissuta un tipo di fisico ideale, ma esige la completa fiducia della donna all’interno del proprio corpo, per apparire così finalmente in tutta la sua tecnica, la sua professionalità, ma soprattutto, per apparire al pubblico come unica nel suo stile.
La danza del ventre è donna come il suo linguaggio
Quello femminile è il target più vasto al quale la danza del ventre fa riferimento.
Questa danza è indicata perciò per lo più alle donne, anche se in Medio Oriente esistono tranquillamente danzatori maschi molto famosi (tra l’altro benestanti, proprio per il fatto che quelli davvero bravi sono ben pochi e per questo molto richiesti).
Pertanto come danzatrici, tutte si esprimono attraverso un linguaggio del ballo prettamente femminile, adoperando la ricerca di elementi che possano arricchirlo e contribuire quindi alla loro crescita artistica.
Purtroppo in molte delle materie di danza studiate tutto questo non succede, perché nella maggior parte dei casi, i linguaggi vengono indottrinati uniformemente, esulando il fattore sessuale femminile (non solo nelle danze).
Se ci facciamo caso, in molti campi vengono tralasciati i linguaggi destinati al pubblico femminile, salvo alcune eccezioni, anche in varie lingue parlate nel Mondo non esistono forme di riferimento femminile, utilizzando magari sostantivi per entrambo i sessi, o nel caso dei balli, in molte delle danze new age come le street dance (hip hop e derivate), gli stessi movimenti appaiono nel complesso unisex, arrecando alla donna una forma di danza aggressiva abbastanza al di sopra delle sue corde naturali.
La femminilità in molte discipline artistiche viene dimenticata o peggio ancora abolita, ed è la stessa donna a doversela ricercare addosso ai propri movimenti.
Plasmare la propria naturale sensualità a ridosso di movenze prestabilite, non è affatto semplice e per questo, in molti casi, il tentativo può apparire goffo oppure innaturale, proprio per il fatto che la danzatrice, anche se inesperta, cerca istintivamente di attribuire ai propri movimenti anche un po’ di femminilità.
Per queste ragioni appena menzionate, se siamo donne a cui piace la naturalezza dei movimenti, bisogna accedere ad una danza che sia composta da una tecnica collegata al respiro, ma basata anche sullo studio del temperamento e della modulazione del movimento stesso.